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Uiguri, genocidio annunciato


ge•no•cì•dio


Sempre più spesso si sta utilizzando questa parola per descrivere il trattamento che gli Uiguri musulmani stanno subendo in Cina. Più di 1 milione di Uiguri e altre minorità musulmane sono detenute in quelli che la Cina chiama "campi di rieducazione" dove avvengono – come riportati da diversi report- uccisioni di massa, abusi sessuali, stupri sistematici, interrogazioni forzate, torture, lunghe detenzioni, indottrinamento, sterilizzazioni forzate, separazioni di famiglie e affidi dei bambini ad orfanotrofi.


Secondo la Convenzione del 1948 dell'ONU si parla di genocidio quando anche solo uno di questi articoli viene violato:

  • si uccidono membri di un gruppo;

  • si trasferiscono forzatamente i bambini dal gruppo di appartenenza ad un altro gruppo;

  • si impongono misure con lo scopo di prevenire le nascite;

  • si attuano deliberatamente misure con lo scopo di distruzione fisica e psicologica di una parte o dell'intero gruppo;

  • quando si causano seri danni fisici e mentali;


e per il Newlines Institute for Strategy and Policy, gruppo di più di 50 esperti apolitici, la Cina ha sistematicamente violato tutti gli articoli su elencati.


Il governo americano e canadese hanno già riconosciuto la persecuzione degli Uiguri come genocidio, in Europa oltre all'Olanda e al Belgio anche l'UK si è unita ai governi oltre oceano imponendo divieti di viaggio e congelamento dei beni degli ufficiali cinesi, la risposta della Cina non si è fatta attendere e ha risposto con il divieto di viaggio e commercio per specifici politici, avvocati, accademici e gruppi di esperti.

"smettere di dare lezioni ad altri sui diritti umani e di interferire nelle questioni interne"

Le parole del governo di Pechino nei confronti dell'UE


E l'Italia?

Dall'Italia un primo passo nella campagna di solidarietà con il popolo uiguro. Una grande catena di abbigliamento, qual è Ovs, ha accolto la richiesta della Campagna Abiti Puliti, impegnandosi a rinunciare per i suoi prodotti tessili al cotone prodotto in Cina con il lavoro forzato degli uiguri. Ma ancora nessuna condanna da parte del nostro governo che ha anche siglato l'accordo Belt & RoadInitiative (BRI) conosciuto anche come Via della Seta, nuova rotta commerciale che dovrebbe passare dalla regione dello Xinjiang, regione indipendente a maggioranza Uigura.




Per saperne di più...

Lo Xinjiang è una regione autonoma della Cina nordoccidentale tra le più grandi della Cina: si trova tra Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, Pakistan, India, la regione autonoma del Tibet e le province del Qinghai e del Gansu. Lo status di regione autonoma le garantisce un proprio governo locale e una maggiore autonomia legislativa rispetto alle province cinesi. Lo Xinjiang, ceduto dal Guomindang alle forze comuniste durante la ,guerra civile del 1949 ha acquisito lo status di regione autonoma nel 1955 per la presenza sul territorio della minoranza uigura, uno dei cinquantasei gruppi etnici riconosciuti dal Partito Comunista Cinese (PCC). Lo status ufficiale del gruppo è quello di “minoranza regionale all’interno di uno stato multiculturale” e pertanto non rientra nella definizione di “gruppi indigeni” delle Nazioni Unite. I tratti antropometrici simili a quelli delle popolazioni dell’Asia Centrale con le quali condivide anche le tradizioni culturali, la confessione religiosa (Islam sunnita) e la lingua turcofona fanno del gruppo uiguro una delle minoranze etniche cinesi maggiormente distinta dall’etnia maggioritaria del paese, quella Han.


Dove nasce la “questione uigura”?

La fase attuale della “questione uigura” comincia con il crollo dell’Unione Sovietica e l’istituzione delle repubbliche indipendenti di Kazakistan, Kirghizistan e Tajikistan lungo i confini della regione. La nascita di stati indipendenti in Asia Centrale, infatti, contribuì a riaccendere i sentimenti secessionisti della minoranza. L’allora presidente cinese Jiang Zemin si affrettò a normalizzare i rapporti con gli stati emersi dallo spazio post-sovietico, ma i confini particolarmente porosi dello Xinjiang agevolarono gli scambi con altri esponenti del gruppo etnico uiguro localizzati sul territorio di stati come Kazakistan e Kirghizistan. Furono questi scambi a far sì che fosse riscoperto un ideale “panturco” e a fomentare un nuovo ciclo di moti separatisti nella regione.

La mancanza di esperienza del PCC nel contrastare il separatismo portò a sua volta ad una recrudescenza dei livelli di contestazione politica dei gruppi anti-statali che, dopo gli attentati di New York dell’11 settembre 2001, le autorità di Pechino fecero rientrare nella cornice della “guerra globale al terrorismo”, divenendo ufficialmente “terroristi” per il governo centrale. Una definizione corroborata anche dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) che inserì il gruppo che più di ogni altro era stato identificato dal PCC come artefice delle contestazioni violente – il Movimento islamico del Turkestan orientale (ETIM) – nella lista dei gruppi terroristici riconosciuti a livello internazionale.

Il concetto di terrorismo in Cina ha una portata particolarmente ampia. Racchiude, infatti, il terrorismo tout court, il separatismo e l’estremismo religioso in un’unica cornice, quella dei “tre mali” dei quali, in particolare, viene accusata la minoranza uigura in Xinjiang. Questa concettualizzazione del terrorismo proviene da un circuito di coordinamento regionale che, a partire dal 1996, ha visto Russia e Cina a capo di un forum internazionale di sicurezza – lo Shanghai Five– che comprendeva le nuove repubbliche centro-asiatiche (esclusi l’Uzbekistan e il Turkmenistan). Con l’istituzionalizzazione dello Shanghai Five nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) nel 2001 e l’ingresso dell’Uzbekistan nell’organizzazione, la questione uigura è diventata una delle priorità della cooperazione in Asia Centrale, grazie anche al lancio della Struttura Regionale per l’Antiterrorismo (RATS) che fa capo alla SCO. La RATS è infatti un’agenzia volta allo scambio di informazioni su gruppi terroristici transnazionali e alla pianificazione di operazioni congiunte di antiterrorismo.



Fonte:

https://newlinesinstitute.org/uyghurs/the-uyghur-genocide-an-examination-of-chinas-breaches-of-the-1948-genocide-convention/

l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale - ISPI


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